Ecco i primi frutti dell'accordo sulla stadio della Roma. Emergono i veri sostenitori dei 'progetti urbanistici' della città di Roma: BNP Paribas Real Estate. Una banca e un costruttore, Parnasi con l'attiva partecipazione dell'Assessore Giovanni Caudo e del Sindaco Ignazio Marino.
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martedì 20 gennaio 2015
martedì 13 gennaio 2015
PERCHE' PAGHEREMO IL NUOVO STADIO DELLA ROMA
La vicenda della costruzione dello stadio della Roma
calcio ha concluso il suo primo tempo, per restare nell’ambito calcistico, con
la decisione presa dal Consiglio comunale di Roma di attribuire al progetto che prevede la realizzazione 1
milione e duecentomila metri cubi di cemento (Antonio Cederna avrebbe detto
’12 hotel Hilton di Monte Mario’) il “riconoscimento dell’interesse pubblico”. E’ stata una
scelta adottata a maggioranza contro la efficace opposizione dei consiglieri
del Movimento 5Stelle: una scelta democratica, dunque. Converrà attrezzarsi per
il secondo tempo della partita in cui, finita l’ubriacatura ideologica della “grande opera”, si dovrà tornare
con i piedi per terra e ragionare sul complessivo assetto della città e sulle
caratteristiche del progetto.
Dal punto di vista del generale assetto della città,
occorre ribadire che la scelta del sito di Tor
di Valle è frutto esclusivo e ostinato del promotore: la
società calcio Roma. La legge sugli stadi approvata dal Parlamento consente di
costruire i propri stadi e come tale deve essere rispettata. Ma non obbliga le
amministrazioni pubbliche ad essere supine
rispetto ai voleri della proprietà fondiaria. Nessuna legge vietava che il
sindaco Marino imponesse di costruire lo stadio in un altro quadrante della
città, dove gli oneri di urbanizzazione dovuti per legge e i maggiori oneri
dovuti alla contrattazione urbanistica, avrebbero prodotto un beneficio più
ampio per l’intera popolazione romana. Né vale a titolo giustificativo la
motivazione che non è previsto che sia il Comune a scegliere il luogo ma può
solo esprimersi sul pubblico interesse della proposta del privato. In questo
modo si spiana la strada alla disegno di legge del ministro Maurizio
Lupi che si basa proprio sulla subordinazione delle
amministrazioni pubbliche rispetto alla proprietà fondiaria. E non è certo
questo il mandato ricevuto da Marino dai suoi elettori.
Ma pur di giustificare l’interesse pubblico
dell’operazione, il sindaco Marino ha elencato i benefici che verranno alla città:
il prolungamento fino all’area dello Stadio di una linea metropolitana; la
costruzione di un nuovo ponte sul Tevere e la creazione di un parco di 34
ettari. E’ evidente che identiche opere avrebbero potuto portare un grande
beneficio per qualsiasi altro quadrante delle città dove vivono centinaia di
migliaia di romani e dove non esistono metropolitane e parchi. Perché, dunque, non si è scelto un altro
quadrante? La risposta è che è stata accettata senza fiatare
l’indicazione di Cushman e Wakefield, società immobiliare di caratura internazionale, che fu
incaricata dalla Roma di trovare l’area per il nuovo stadio, come aveva
denunciato il 20 aprile 2012 Gianni Dragoni
sulle pagine del Sole 24 Ore.
Insomma, il futuro della capitale d’Italia sta nelle mani di una grande società
immobiliare controllata dalla finanziaria Exor (famiglia Agnelli) e di un
esponente della finanza internazionale come
James Pallotta.
Il sindaco Marino si vanta di essere è il più strenuo
avversario dei poteri forti, ma purtroppo per lui e per la città, si è messo in
ginocchio – indimenticabile a riguardo il suo viaggio presso gli uffici di Pallotta a New York
nell’agosto 2014 – di fronte alle lobby. Non è una novità. Marino ha già delegato alla Cassa depositi e prestiti, come
noto “potere debolissimo”, la trasformazione della preziosa area del Flaminio (ne
parleremo nel prossimo post) e ha brindato insieme a Malagò, altro eterno volto dei
poteri forti, per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Con
buona pace del sindaco, la sua amministrazione è il paradiso dei poteri forti.
Del resto, pur di mettere in ombra questo vulnus imperdonabile, si
continua a sostenere “che l’amministrazione comunale non farà alcun
investimento economico”. Credono ancora di prendere in giro i romani: le opere
giudicate di interesse pubblico saranno realizzate attraverso l’esborso di denaro pubblico noto
(gli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge) e da altro denaro di
proprietà pubblica derivante dai maggiori introiti dovuti agli aumenti di
volumetria concessi. Si spenderanno dunque per opere utili solo e soltanto alla
Roma calcio preziosi soldi pubblici.
E veniamo al merito del progetto per cercare di smontare
il cumulo di bugie che sono state maldestramente costruite a difesa dello
scempio. Ciò che dispiace dal punto di vista generale è che alla difesa della
mura del Campidoglio siano stati arruolati anche associazioni che dicono di
battersi per gli interessi della città, come ad esempio Carteinregola, ma ognuno
sceglie la sua strada. Si afferma che non è vero che l’area sia in un deserto
urbano ma “sta a ridosso del popoloso quartiere Eur-Torrino”. Questo quartiere
si trova in realtà a cento metri di dislivello dall’area ed è da essa diviso da
una invalicabile barriera morfologica costituita da una ferrovia e da due
strade carrabili ad alta percorrenza. L’area scelta è un deserto
urbano, punto e basta.
Si afferma poi che non è vero che vengano regalati 350 mila metri quadrati di cemento
perché nell’area esistono altre volumetrie e il piano vigente prevede di
realizzare 112 mila metri quadrati.
Addirittura si afferma che “se si avvalesse del ‘Piano Casa’ potrebbe ulteriormente
aumentarle e trasformare l’Ippodromo in appartamenti”. Ma quando mai! L’area è
destinata a verde e attrezzature sportive: quelle volumetrie potevano essere
realizzate per attività sportive, non per le più lucrose attività commerciali o
per uffici. Riguardo al Piano casa è appena il caso di ribadire che non è applicabile alle zone di verde e
attrezzature sportive. Pallotta riceve un gran regalo
economico.
Terzo argomento, il più grave sotto il profilo della
legalità, riguarda la questione sollevata da molti articoli di stampa che la società proponente non fosse titolare delle
aree su cui si dovrà realizzare il progetto. Su questo punto
Carteinregola afferma addirittura che “E’ un problema del privato, non del Comune. Se il privato non
potrà più mantenere la proposta avanzata, automaticamente decadrà”. Decine
di anni di rapporti tra pubblico e privato sepolti con disinvoltura: è noto
infatti che amministrazioni pubbliche devono obbligatoriamente verificare la
titolarietà della proprietà immobiliare del proponente. Altrimenti sarebbe il
far west.
Occorre dunque iniziare a pensare collettivamente con la
partecipazione delle associazioni che hanno a cuore il destino di Roma ad una differente localizzazione in
modo da ottenere che gli interessi riconosciuti dalla legge alla società Roma
calcio si sommino a quelli di centinaia di migliaia di romani che sono ancora
privi di moderne linee di trasporto pubblico: con le centinaia di milioni
sperperati per la felicità di Pallotta si possono costruire almeno due linee
tramviarie che –oltre allo stadio- potrebbero portare sollievo ad una città in
gravi difficoltà. E’ un’occasione irripetibile e la città sommersa dal fango
della corruzione svelata dall’inchiesta Mafia Capitale,
non può permettersi di delegare il suo futuro agli eterni poteri forti che
l’hanno portata al fallimento che tocchiamo tutti i giorni con mano in termini
di degrado e del quotidiano aumento delle tariffe e della cancellazione del
welfare urbano ad iniziare dal trasporto pubblico.
(Paolo Berdini per Il Fatto Quotidiano)
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